
Quando il tuo sogno più grande si realizza, ma sfuma con rapidità assoluta, arrivi a chiederti se quello che hai vissuto sia reale, o solo fantasia e potrebbero mancarti le forze, perché hai l’idea che nulla valga la pena e che comunque la vita ti inganni, togliendoti in un attimo quello per cui hai lottato da sempre.
Allora serve una saldezza fuori dal comune, una resistenza, un credo, che possano tener ferma la rotta del destino.
Massimo Paci ha vent’anni quando, nel 1998, arriva alla Juventus. Se a vent’anni la squadra Campione d’Italia e d’Europa ti sceglie, ti senti sul tetto del mondo, dove i sogni sono veri.
Soprattutto se alla Juventus ci arrivi senza passaggi graduali, direttamente dalla Serie B, dove Massimo Paci aveva esordito con l’Ancona l’anno precedente e diventato titolare fisso dalla primavera alla prima squadra per tutto il girone di ritorno. Era stato il mister Franco Scoglio a promuoverlo (uno che, dottore in pedagogia, ha sempre saputo scorgere il potenziale dei più giovani).“E allora eccoti lì, pronto a realizzare il tuo destino”.
Ma il destino è un maestro terribile.
Dopo soli venti giorni di ritiro con la Juventus, un infortunio beffardo blocca Massimo Paci. Una severa infezione alla vescica lo costringe in ospedale per oltre due mesi, sfiancandolo al punto da non farlo quasi più camminare. Questa storia potrebbe finire qui, con la Juventus che svincola un giovane promettente contro cui purtroppo la sfortuna si è accanita nel momento decisivo. Invece, no.
“Qui la storia comincia.
E non è solo una storia di calcio, ma anche una storia d’amore.”
Di amore per lo sport. Perché solo se sei innamorato riesci a lottare e a sacrificarti ogni giorno, per risalire.
Lentamente, ma inesorabilmente, Massimo Paci esce dall’infortunio, ed inizia ad allenarsi con dedizione. Sono anni di allenamenti “matti e disperatissimi”, come quelli che Leopardi (marchigiano come Paci) aveva fatto sulle carte sudate dei libri.
Il difensore deve scendere di categoria, lui che si era allenato con i campioni d’Europa ora torna in C1. È un po’ come ripartire dal “Via” al gioco dell’oca. È un po’ cadere come Icaro dopo aver visto il sole da vicino.
Ma soprattutto è come se il destino chiedesse la carta d’identità alla tua anima per capire di che tempra sei fatto.
Ed eccola, l’identità dell’anima di Paci: il ragazzo non demorde, milita da protagonista prima con l’Ancona e poi con la Viterbese, dove fa due ottime stagioni.
A soli 3 anni dalla degenza ospedaliera (anche se a lui sembra passata un’era geologica), Massimo Paci arriva in B, a Terni. Con la Ternana fa altre due stagioni molto buone, che infatti gli valgono il grande ritorno, laddove nessuno, qualche mese prima, avrebbe scommesso sarebbe più arrivato: la Seria A, di nuovo.
Il Lecce. Ora ci arriva non da ragazzo promettente, bensì da uomo passato attraverso paure e dolori, affrontati con coraggio e cuore, fermezza e umiltà. Ora di anni ne ha quasi ventisei e nella partita Lecce-Siena, agli ordini di Zeman, fa il suo esordio nella massima Serie italiana. Con qualche stagione di ritardo rispetto ai programmi, ma perfettamente in sincronia col destino. Il Lecce, anche grazie a lui, si salva brillantemente e l’anno dopo Paci viene preso dal Genoa. Da questo punto la sua è una storia di successi. Fa bene nella “sua” Ascoli, dove realizza 3 goal nelle 31 partite disputate. “Ha inizio così il capitolo più importante della sua carriera calcistica, quello a Parma.”
Cinque stagioni, dal 2006 al 2011, nelle quali Paci conquista non solo un posto d’onore nel cuore dei tifosi emiliani, ma anche gli importanti traguardi di diventare il capitano di una squadra di Serie A e di giocare sui palcoscenici europei della Coppa Uefa, baluardo della difesa di Mister Guidolin e Claudio Ranieri.
È ormai uno dei più bravi difensori italiani.
Nel 2011 il Parma lo cede, e se ne va da leader e da vincente. Una stagione al Novara e una al Siena concludono, nel 2013, la sua permanenza in Serie A, vestirà ancora la maglia del Brescia, in Serie B, e del Pisa, in Lega Pro, prima di lasciare il calcio giocato per inforcare un altro sentiero: quello dell’ allenatore.
Da allenatore, si porterà sicuramente dietro, oltre alle conoscenze tecniche ed empiriche di un’eccezionale carriera da calciatore, anche l’insegnamento più importante da dare a chi lo ascolta in campo dalla panchina: lottare, comunque, con umiltà e concentrazione, tenendo fisso l’obiettivo.
Sono queste doti che oggi ci hanno fatto raccontare la storia del forte difensore di Serie A Massimo Paci e non quella di un ragazzo promettente, fermato da un infortunio beffardo non appena arrivato alla Juventus, la storia di un difensore con una saldezza fuori dal comune, una resistenza, un credo tali da tener ferma la rotta del destino.
